Fiaba natalizia
In un isolato villaggio di 100 anime fino a poco tempo fa c’erano solo due panettieri.
Nel villaggio si respirava un’atmosfera di rovina incombente e sebbene fosse disseminato di capannoni che occhieggiavano perfettamente vuoti nell’oscurità aveva l’aria di essere stato un bel posto.
Un giorno uno dei due panettieri forte della sua capacità affabulatoria, del possesso dell’unico giornale con relativa pubblicità e con l’aiuto di vetrine scintillanti e di commesse discinte riuscì a convincere la maggior parte dei cittadini a comprare il pane da lui. Probabilmente a lui del suo pane non importava un granché. A giudicare dalla qualità pessima che sconfinava nella tossicità non glie ne importava proprio nulla. In paese si mormorava che perseguisse chissà quali altri loschi obiettivi e che la panetteria fosse solo una copertura per i suoi affari malavitosi.
Assaggiata sta roba la gente si spostò alla concorrenza. Qui i proprietari puntavano ad un messaggio meno sgargiante e tutto incentrato sul solidale tipo: “diamo il pane anche agli ultimi” oppure “nessuno con noi rimarrà affamato”. Però la proprietà, consapevole della bassa qualità della concorrenza, puntava al ribasso. Anche per loro inoltre era evidente che s’interessassero a tutt’altro come al raddoppio della stazione ferroviaria, peraltro semi inutilizzata per via della crisi, e al controllo della banca del paese. Fatto sta che anche qui il pane era schifoso.
I clienti non erano affatto d’accordo sui motivi di questa pessima qualità e spesso bisticciavano fra di loro su quale fosse peggiore e perché.
Ma sulla qualità c’erano pochi dubbi: dopo circa 20 anni di malapanità infatti meno di 40 cittadini mangiavano pane. E si che in quel villaggio in passato era stato forte il consumo, anche in memoria della sanguinosa guerra combattuta per poter avere libero accesso al pane.
Se poi si chiedeva direttamente ai cittadini se avessero fiducia nei panettieri appena 4 o 5 rispondevano di si. Praticamente i panettieri stessi.
Però ai panettieri questa situazione non importava molto: in qualche modo erano riusciti a fidelizzare alcuni clienti e, grazie a questi, si spartivano le opportunità di speculazione che il villaggio offriva. Sembrava quasi che si dividessero clienti, business e copertura.
Esasperati dalla situazione, un bel giorno, alcuni cittadini golosi e nostalgici provarono ad arrangiarsi creando una cooperativa col fine di scavalcare i panettieri monopolisti.
Apriti cielo …
Pioggia di critiche e bastoni fra le ruote. Il regolamento del villaggio relativo all’apertura di esercizi venne complicato e stravolto. Della cooperativa si diceva di tutto: l’insegna era storta, il commesso inesperto, la serranda cigolava. Qualcuno giurava di aver visto l’aspirante panettiere con il dito nel naso.
Anche il vecchio sindaco ottuagenario guardava con molto fastidio al nuovo esercizio: che roba, dei panettieri inesperti ed improvvisati!
E dietro di lui tutti i notabili: ovviamente i vecchi panettieri, ma anche il giornale, il direttore di banca e il capo stazione. Il parroco non s’era ancora espresso, forse scottato dal suo passato appoggio incondizionato al panettiere “brillante” che aveva trascinato nel discredito anche lui.
Una delle molte accuse era che il reale proprietario della nuova panetteria fosse un tipo che, oltre a dire un sacco di parolacce e a gridare sempre, avesse dato in franchising il marchio della panetteria e lo togliesse a chi non fosse gradito per il tramite del suo avvocato. Altro che cooperativa!
Ma non tutti i cittadini si lasciarono convincere dalle critiche e mentre molti guardavano con sospetto, alcuni si diedero da fare e cominciarono ad aiutare.
Non avendo esperienza qualcuno si informò come si facesse del buon pane, altri sistemarono il forno, altri ancora costruirono il magazzino.
Intendiamoci: la nuova panetteria qualche difetto ce l’aveva. La fretta, l’inesperienza e la voglia di buttare all’aria lo stagnante mercato del pane del villaggio aveva indotto in alcuni errori i giovanotti. Però i ragazzi si davano un gran da fare, circolavano delle idee nuove e anche le ragazze che nella resto del villaggio erano relegate in casa qui trovavano spazio e ascolto.
E poi sto proprietario, a guardarlo da vicino con le dita nelle orecchie per il suo gran urlare, era una brava persona. Magari un po rude… Certo è che amava profondamente il nuovo forno e soprattutto non ci guadagnava nulla. Del resto voleva anche lui una panetteria, non un call center o un centro commerciale! E giù rimbrotti e feroci contumelie a chi gli proponeva cose differenti.
Vebbè è vero. Lo ammetto: parlo bene di questa panetteria perché anch’io ho aiutato a tinteggiare. Sono amico di tutti i ragazzi e come loro sono tutto sporco di farina.
Molto sinceramente dico anche che non so proprio se il pane che sta per essere sfornato sarà così buono come diciamo, anche se onestamente è difficile che sia terribile come quello che tutt’ora si vende.
Però ogni tanto, quando mi fermo a guardare e a cercar di ragionare in mezzo al caos del cantiere, mi scopro avvolto da un caldo e fragrante profumo di pane fresco.
Giorgio, M5S Pinerolo