L'incendio del Turck
Sentire un sindaco, che dopo un incendio nella sua città, esprime soddisfazione perché ora si potrà abbattere un opificio storico, diventato pericolante rifugio per disperati, lascia stupefatti.
Fatte le debite proporzioni, mi è venuto in mente il devastante incendio di Roma del 64 d.C.,con la ben nota immagine di Nerone che dal suo palazzo contempla le fiamme e con la cetra canta la caduta di Troia. A Pinerolo non cadrà Troia ma finalmente, si potrà abbattere quella pericolante facciata sul Moirano, alla faccia della Sovrintendenza e di quei rompi… di Italia Nostra, eterni difensori della memoria e ostili al nuovo che avanza.
Malignamente si potrebbe aggiungere che la violenza dell’incendio, il fatto che sia divampato contemporaneamente nei vari piani e abbia bruciato tutto in pochi minuti, più che a un incendio casuale, o a una bombola scoppiata, fa pensare a qualcosa di predisposto, con preavviso ai poveracci che avevano trovato un misero riparo dentro l’ex-merlettificio (non ci sono state vittime). Lasciando perdere i sospetti, resta il fatto che una concezione urbanistica “spiana e poi costruisci” non è solo un dato della presente amministrazione ma ha caratterizzato decisioni del passato (Caserma del Vauban, sventramento di Via Principi d’Acaia…). E dato che è ancora in vigore un piano regolatore che prevede di costruire vani per una popolazione doppia di quella attuale, se il comune spiana, la speculazione edifica (vedi l’ultima brillante idea di un altro mezzo grattacielo sopra i “portici blu”).
Ora l’enorme area dell’ex-merlettificio, (più o meno 9 campi di calcio!) , divisa tra una decina di proprietari, potrà essere in buona parte edificata (400 o più alloggi, ma per chi, viste le centinaia di cartelli affittasi o vendesi per le strade di Pinerolo?) Qualche anno fa, in un Convegno sul Turck organizzato da Italia Nostra, tutti avevano convenuto sull’importanza urbanistica dell’area per realizzare una viabilità di scorrimento senza attraversamento di piazza Cavour, verde pubblico, servizi, parcheggio a poca distanza dal centro, una moderata quota di edilizia popolare e la salvaguardia, tipo museo all’aperto, delle parti più significative per la memoria industriale dell’opificio della lana. L’allora sindaco Covato aveva promesso una regia pubblica dell’operazione.
Ma se la regia pubblica è quella che cementifica Monte Uliveto, lascia crollare gli Acaia, vende aree pubbliche per farci palazzoni e abbatte ciò che infastidisce, probabilmente la speculazione privata se la ride…
M.R.